Cristianesimo per musulmani

I musulmani muovono sovente un certo numero di accuse al cristianesimo che sono in buona parte frutto di ignoranza. Quando poi si cerca di spiegar loro le cose, non di rado non accettano quegli argomenti che invece dovrebbero accogliere senza problemi, perché altrimenti per coerenza dovrebbero denunciare come assurda anche la propria fede. 

INDICE:


  1. Dio è uno, ma i cristiani non sono monoteisti perché l’hanno spaccato nelle tre Persone della Trinità
  2. I cristiani sono idolatri perché pregano i santi e adorano le statue
  3. Vero che Muhammad ha consumato il suo matrimonio con Aisha quando questa aveva solo nove anni, ma anche per i cristiani Maria si è sposata giovanissima, a soli dodici anni
  4. Leggendo la Bibbia si trova conferma del Corano e dell’islam
  5. La Bibbia è stata alterata e quindi il cristianesimo ha perso il suo fondamento
  6. Le chiese cristiane sono in contraddizione coi loro stessi testi sacri, quindi sono false
  7. La Chiesa Cattolica esibisce uno sfarzo che denota mancanza di umiltà da parte del suo clero e totale spregio del vero insegnamento divino
  8. I cristiani hanno alcune norme in comune con i musulmani, ma le ignorano per convenienza
  9. Anche i cristiani velano le loro donne
Dio è uno, ma i cristiani non sono monoteisti perché l’hanno spaccato nelle tre Persone della Trinità

Il Credo, professione di fede dei cristiani, inizia con la frase “Credo in un solo Dio”.
La professione di fede nella Trinità non implica l’adorazione di tre dei, ma di un solo Dio trino, il che è diverso. Che la comprensione di questo mistero sfugga in gran parte alla ragione è ammesso, ma sicuramente è esclusa ogni forma di interpretazione del dogma che possa tradursi in un, per quanto ristretto, politeismo. Si deve semplicemente comprendere che il termine Persona, applicato a Dio, non è uguale in tutto e per tutto al termine persona applicato agli esseri umani: sul piano umano ogni persona è un individuo a se stante, ma sul piano divino evidentemente no. Come ciò sia possibile, o meglio in che senso quanto detto sia vero, è una questione che può risultare impossibile da sbrogliare completamente, ma basta la sua enunciazione per assicurare che il fedele cristiano non crederà in tre dei distinti.
Se il cristiano dice che le Persone sono tre, ma Dio è uno solo, non è lecito negargli l’attestato di monoteista solo per l’incomprensione del nesso tra Dio e le sue tre Persone. Il musulmano che volesse continuare a non accettare spiegazioni come “Padre e Figlio non sono dei distinti ma due Persone di Dio” farebbe bene a guardare cosa accade in casa propria.
I musulmani in genere ritengono il Corano increato, ma se è increato vuol dire che prima della creazione non c’era solo Dio ma c’erano Dio e il Corano, dove il Corano è in qualche modo il Logos divino. Ebbene, la relazione che c’è tra Dio e Corano è analoga a quella che c’è tra Padre e Figlio nella Santissima Trinità, infatti in entrambi i casi ho dei concetti che rimandano a due cose coeterne ma che non implicano l’esistenza di più dei. E a nulla serve che il musulmano si giustifichi dicendo che il Corano è coeterno a Dio perché è un suo attributo, perché il discorso ha lo stesso spessore e rigore di quello cristiano secondo il quale Padre, Figlio e Spirito Santo sono coeterni tra loro perché Persone dello stesso Dio.
Se i cristiani sono politeisti, allora anche il monoteismo musulmano non è poi così coerente e rigoroso, visto che ammette, prima della creazione e dei tempi, due enti anziché uno.


I cristiani sono idolatri perché pregano i santi e adorano le statue

I cristiani distinguono tra adorazione e venerazione. L’adorazione è riservata solo a Dio, la venerazione può essere invece rivolta a qualsiasi cosa che abbia sotto qualche aspetto un legame speciale col divino e che ispiri pia devozione. Le immagini sacre e le reliquie servono soprattutto a facilitare la concentrazione durante la preghiera, poi ogni grazia che dovesse derivare visibilmente da questa attività orante sarebbe in ultima analisi sempre attribuita a Dio. Stessa cosa quando si pregano i santi, i quali fungono solo da mediatori e non operano grazie da loro medesimi.
Il culto dei morti, e in special modo dei santi, è giustificato sulla base dell’idea che i morti continuino in realtà a vivere, sebbene solo come spiriti, e che quindi possano pregare per noi come facevano o avrebbero potuto fare in vita, o beneficiare delle nostre preghiere, se parliamo delle anime del purgatorio. Se si ammette che un vivo possa pregare per un altro, e questo lo contempla anche l’islam, perché mai un vivo non potrebbe pregare per un morto, e un morto per un vivo, una volta stabilito che i defunti in realtà vivono ancora? L’importante è non dimenticare che ogni grazia viene da Dio solo, e questo il cristiano lo sa, e che l’intercessione altrui ha senso più che altro come gesto di umiltà per chi la richiede e come generoso dono speciale che Dio fa alle anime dei più santi e devoti, le cui preghiere sono giustamente più care a Dio.
Per quanto riguarda le statue o le reliquie, nessuno ritiene che dentro di esse ci sia la divinità, quindi non c’è ombra di idolatria nella loro venerazione.
Ora, se il musulmano volesse ostinatamente rifiutarsi di comprendere la differenza, sottile ma sostanziale, tra adorazione e venerazione, ed insistere ad identificare come idolatrica una qualsiasi preghiera fatta davanti ad un oggetto, senza stare a badare alle intenzioni dell’orante, allora dovrebbe preoccuparsi di alcune delle cose che insegna la sua religione.
In particolare del culto che devono per fede tributare alla pietra nera custodita nella Ka’ba della Mecca: i musulmani toccano e baciano questo pezzo di pietra senza percepire se stessi come idolatri. Sicuramente avranno le loro argomentazioni a sostegno di tale pratica, ma così come noi accettiamo le loro sottigliezze al riguardo, anche loro devono accogliere senza fiatare la nostra distinzione tra adorazione e venerazione e smetterla di definirci idolatri.
Allo stesso modo devono evitare di criticare il culto delle reliquie nella Chiesa Cattolica finché i pellegrini alla Mecca continueranno a portarsi a casa brandelli del drappo che copre la Kaaba.


Un pellegrino musulmano viene aiutato a baciare la Pietra Nera


Vero che Muhammad ha consumato il suo matrimonio con Aisha quando questa aveva solo nove anni, ma anche per i cristiani Maria si è sposata giovanissima, a soli dodici anni

In realtà nessuna chiesa cristiana oggi esistente ritiene di conoscere l’età in cui la Madonna si è sposata o ha concepito Gesù, perché nei testi canonici, quelli del Nuovo Testamento, tali particolari non sono riportati. E nemmeno dagli studiosi che si occupano di storia, filologia, archeologia ecc provengono indizi a favore di una qualche collocazione cronologica per questi eventi, che dal loro punto di vista sono in realtà irrimediabilmente persi.
Se dunque non fa parte né del Depositum Fidei delle chiese cristiane né dei dati ricavati dalla ricerca storica, da dove deriva la storia di Maria che si sposa a soli dodici anni? Da un tardo vangelo apocrifo, il Protovangelo di Giacomo, che i credenti non reputano ispirato e che secondo gli studiosi non contiene materiale utile ai fini della ricerca storica sulla vita di Gesù, Giuseppe e Maria. Dato lo status di questo testo, la questione potrebbe anche finire qui: i cristiani non sono obbligati a credere per fede che Maria si è sposata a dodici anni, e difatti di regola non lo fanno, e dalla ricerca non viene fuori alcun indizio che renda questà età più probabile di altre. Semplicemente non si sa quando Maria si è sposata.
Ma comunque, anche volendo prendere come rilevante, vincolante, significativo e rappresentativo il Protovangelo di Giacomo, la storia che ne emerge è molto diversa da quella che lega invece i destini di Aisha e Maometto: mentre Maometto sposa Aisha a sei anni, Giuseppe sposa Maria a dodici, un’età molto più avanzata, ma soprattutto, mentre Maometto deflora Aisha quando questa ha nove anni, Maria concepisce Gesù quando ha circa sedici anni, un’età in cui era sì giovanissima per i nostri standard, ma di sicuro non una bambina come Aisha. Ovvio che la potenziale fonte di scandalo in storie come queste non è mai il matrimonio in sé, che in fondo implica solo accordi tra le famiglie, trasferimenti della sposa dalla casa del padre a quella del marito, ecc, ma la consumazione dello stesso. Non si capisce quindi perché il matrimonio di Maria a dodici anni dovrebbe causare problemi ai cristiani. Nel testo tra l’altro Giuseppe viene costretto contro la sua volontà a sposare Maria, e il motivo della sua ritrosia stava proprio nell’eccessiva differenza di età che l’avrebbe reso lo zimbello di tutti:

“Allora il sacerdote disse a Giuseppe: ‘Tu sei stato prescelto a ricevere la vergine del Signore in tua custodia!” Giuseppe si schermì dicendo: ‘Ho già figli e sono vecchio, mentre essa è una fanciulla! Che io non abbia a diventare oggetto di scherno per i figli di Israele!’ “

Non c’è dunque alcuna normalizzazione o promozione di unioni coniugali di questo tipo. E comunque a Giuseppe viene fatto promettere che avrebbe rispettato la verginità di Maria, quindi non era previsto che il matrimonio venisse consumato.
Ma la cosa più importante di tutte è che il concepimento di Gesù, avvenuto comunque quando Maria aveva sedici anni, un’età certamente più adeguata per restare incinta, secondo il Protovangelo di Giacomo fu un evento prodigioso provocato da Dio: Gesù fu concepito per opera dello Spirito Santo, non in seguito ad un rapporto sessuale.
Questa miracolosa modalità di concepimento di Gesù, sulla quale concordano tanto il Nuovo Testamento cristiano quanto il Corano, esclude l’idea che Maria abbia dovuto avere rapporti per generare Gesù, e quindi il problema che troviamo invece nell’unione tra Aisha e Maometto non si pone minimamente.
Le due storie non possono dunque essere comparate, ciò che disturba la sensibilità odierna nel rapporto tra Maometto e Aisha non si ritrova minimamente nella storia di Maria e Giuseppe.


Una sposa-bambina, 11 anni, accanto al suo marito 40enne (Afghanistan)


Leggendo la Bibbia si trova conferma del Corano e dell’islam

Secondo alcuni musulmani la Bibbia insegnerebbe cose in accordo col Corano e conterrebbe profezie su Maometto, costituendo dunque una conferma dell’islam di cui i cristiani non si avvedono perché non la conoscono. Spesso questi personaggi estrapolano anche passi delle Scritture cristiane apparentemente in armonia con la propria fede per mostrare quanto dicono. Sorvolando sul fatto che spesso citano insensatamente libri della Bibbia, come le lettere di Paolo, che in realtà non sono menzionati nel Corano tra quelli ispirati (infatti per il Corano solo Torah, Salmi e Vangelo sono ispirati), la Bibbia contiene diverse cose in forte contrasto con l’islam e con l’immagine che questo si è fatto di alcuni personaggi-chiave della Bibbia, Gesù in primis. Prendendo quest’ultimo come esempio, basti dire che il Corano dice e ripete più volte che Gesù non ha mai preteso di essere considerato Dio o Figlio di Dio, cosa che invece afferma di se stesso più volte nei Vangeli, in particolare in quello di Giovanni. Una possibile fonte di imbarazzo può essere anche il rapporto tra Gesù e il vino, visto che, mentre l’islam vieta l’alcol in ogni forma, Gesù lo beve e lo fa bere, menzionandolo spesso in chiave positiva nei suoi discorsi.
Solo una totale ignoranza del testo può far dire ad alcuni che la Bibbia si armonizza bene col Corano o che addirittura conferma l’islam contro il cristianesimo. Non a caso i più avveduti evitano di ricorrere alle citazioni della Bibbia e, per giustificare la divergenza tra questa e il Corano, non esitano a sostenere che evidentemente i cristiani hanno corrotto i loro testi sacri fino a renderli irriconoscibili e lontani dalla Verità [vedere paragrafo successivo]


La Bibbia è stata alterata e quindi il cristianesimo ha perso il suo fondamento

I musulmani, come detto, sostengono che la Bibbia contenga, anche nei Libri che il Corano considera ispirati, molte cose contrarie alla loro fede per il semplice fatto che i cristiani (e gli ebrei) l’hanno corrotta.
C’è un problema con questa teoria: le cose che trovano disturbanti nella Bibbia si trovano già nei primissimi manoscritti a nostra disposizione, che nel caso del Nuovo Testamento risalgono addirittura a pochi decenni dopo l’età a cui viene fatta risalire la loro prima stesura. Non c’è alcun indizio del fatto che quegli aspetti dei Vangeli che i musulmani non possono accettare non appartenessero alla loro prima stesura, è anzi improbabile che non vi fossero sin dall’inizio, ma in ogni caso la prima accusa di adulterazione della Rivelazione fatta a cristiani ed ebrei risale allo stesso Corano, dove però apparentemente si dà per scontata una cosa: che i testi in possesso di ebrei e cristiani non siano alterati, e che l’adulterazione della fede venga fatta dai maestri solo oralmente, tanto che il Corano sfida provocatoriamente questi falsari a presentare i loro testi e a leggerli pubblicamente in modo che la loro falsità venga smascherata. Sembra insomma che il Corano attesti che cristiani ed ebrei all’epoca, VII secolo, avessero ancora i testi non alterati. Bisogna dunque ipotizzare che i veri testi rivelati si siano preservati per circa sette secoli per poi sparire nel nulla senza lasciare traccia, accanto ad altri testi, quelli del canone cristiano, che invece sono documentati già dal II secolo e sono stati fino ad oggi le opere di riferimento per tutta la cristianità.
A parte questo aspetto della questione, che pone direttamente in conflitto cristianesimo ed islam, c’è anche un’altra considerazione che i musulmani ritengono erroneamente rilevante a causa della loro ignoranza della dottrina cristiana: a prescindere da eventuali discordanze tra Bibbia e Corano, resta il fatto che il Canone biblico si è formato evidentemente in modo graduale, ad opera di più autori e attraverso modifiche del testo, che del resto non ci è pervenuto in un’unica forma ma in diverse versioni.
Il musulmano crede che tutto ciò possa costituire un problema per il cristiano perché crede che la Bibbia abbia, nel cristianesimo, lo stesso posto che il Corano ha nell’islam. Farebbe bene invece a comprendere quanto diversa sia la natura dei testi sacri cristiani da quelli musulmani, e quanto la storia del Corano non sia priva di quelle criticità che vorrebbe attribuire alla Bibbia.
Mentre l’islam si basa sulla rivelazione coranica, nel cristianesimo non è la Bibbia che fonda la Chiesa ma la Chiesa che fonda la Bibbia: la Chiesa nei suoi primi giorni non aveva un canone di Scritture, eppure aveva già i suoi insegnamenti che si tramandavano oralmente, i testi del Nuovo Testamento vennero scritti solo in un secondo momento, come espressione di una fede che già c’era, e assieme a selezionati testi ebraici successivamente andranno a costituire anche un canone ufficiale. È la Chiesa a dare autorità alla Bibbia, quindi non fa problema che, prima della canonizzazione, i suoi testi abbiano avuto una movimentata storia redazionale. Se Gesù avesse voluto ancorare a un libro i cristiani ne avrebbe scritto uno lui, invece lasciò alla sua Chiesa degli uomini, gli apostoli, ai quali promise l’assistenza dello Spirito Santo. Ecco perché l’autorità nel cristianesimo viene dal clero, questo almeno credono cattolici, ortodossi e altri. Il cristianesimo non è una religione del Libro, anche se questo stupirà non solo i musulmani che hanno coniato l’espressione ma anche molti altri che l’hanno fatta propria senza meditarla a fondo.
I musulmani invece fanno derivare tutta la loro religione dalla rivelazione coranica, che si considera la trascrizione dei messaggi che Dio rivelò parola per parola al Profeta. Però il Corano stesso non è autosufficiente: i musulmani non riconoscono altre autorità, ma senza la tradizione extracoranica, che è puramente umana, non si sarebbe nemmeno in grado di ordinare cronologicamente le sure, cosa fondamentale per applicare correttamente il principio dell’abrogazione dei versi, sancito dal Corano stesso, e diversi passi non sarebbero ben comprensibili. Ai musulmani che amano dire che il testo biblico non è adeguato testimone dell’autentica rivelazione per via di una presunta trasmissione non cristallina, si può rispondere instillando dubbi analoghi sul Corano, è infatti noto che nei primi tempi dell’islam circolassero diverse versioni del Corano, e che quella odierna sia semplicemente quella selezionata dal califfo Utman, che, stando alla tradizione, avrebbe distrutto tutte le altre.
Può darsi che le diverse varianti fossero tutto sommato uguali nella sostanza (le varianti testuali del Nuovo Testamento che possediamo certamente lo sono), e che magari l’opera di distruzione di Uthman non sia poi stata portata avanti capillarmente e con grande scrupolosità, ma guardando a queste vicende con gli stessi occhi con cui certi musulmani guardano alla formazione del canone biblico ce n’è abbastanza per recuperare un atteggiamento più prudente e meno spavaldo nei confronti dei cristiani.


Le chiese cristiane sono in contraddizione coi loro stessi testi sacri, quindi sono false

In realtà, come visto, è la Chiesa che dà autorità ai testi sacri, i quali sono espressione della Chiesa, non il contrario, e questo tra le varie cose implica anche che la Chiesa è padrona dell’interpretazione delle Scritture e può chiarire cose che nei testi sono solo adombrate, esplicitando articoli di fede che sarebbe difficile estrapolare dalla sola Bibbia. In aggiunta va detto che la Chiesa non è tenuta a mantenere inalterate nei secoli tutte le sue pratiche, in quanto alcuni aspetti delle stesse non sono comandate una volta per tutte ma modellate in base al contesto. Questo significa che non ha senso far rilevare che nel Vangelo, ad esempio, Gesù prega in un modo che ricorda più la preghiera musulmana che quella cristiana: la modalità della preghiera non appartiene evidentemente a quella parte del Depositum Fidei che non può essere alterato, ma a quella parte della tradizione che dipende dal contesto e che, mutate le condizioni ambientali, è lecito cambiare. La Bibbia da sola è un Libro muto, o, peggio, un pericoloso strumento che può essere impugnato da chiunque per fini anche poco nobili. Solo una luce esterna può illuminarla, e questa è la Chiesa.
Del resto lo stesso Corano non è diverso sotto questo aspetto, senza la tradizione extracoranica ad accompagnarlo non è possibile trarne nulla. Infatti la rivelazione non è scesa tutta in una sola volta ma frammentata in diverse occasioni, e le singole parti sono state assemblate assieme in un secondo momento, grazie alle memorie di chi aveva assistito, secondo un criterio non cronologico. Il problema è che le diverse sure, i capitoli del Corano rivelati a Maometto in situazioni distinte, a volte si contraddicono, e tra due versi in opposizione i musulmani devono considerare come vincolante e definitivo quello più recente, in base al cosiddetto criterio dell’abrogazione sancito dal Corano stesso (Corano 2, 106 e 16, 101). Senza una tradizione extracoranica da cui attingere non si riuscirebbe a collocare cronologicamente le diverse parti della rivelazione, e del resto anche alcuni riferimenti oscuri presenti nel Corano diventano più chiari solo alla luce di racconti tramandati per altre vie. I limiti di un “Sola Scriptura” musulmano diventano evidenti e rilevanti soprattutto nel campo morale, rituale e giuridico, perché non tutti i problemi in questi ambiti sono trattati esplicitamente nel testo sacro, e per far fronte a questa situazione i musulmani hanno come riferimento primo le narrazioni sui detti e sulle gesta di Maometto.


La Chiesa Cattolica esibisce uno sfarzo che denota mancanza di umiltà da parte del suo clero e totale spregio del vero insegnamento divino


La Chiesa Cattolica, amica delle arti e convinta della potenza del simbolo, ha certamente ornato icone ed altari con marmi ed ori, per ispirare al fedele l'idea del fulgore del Paradiso e il rispetto della solennità dei contesti sacri, e per esprimere anche sul piano materiale ed estetico l'impegno devozionale dei credenti. In sostanza gli ori sono per onorare Dio, non l'uomo. E una corretta conoscenza del simbolismo tradizionale cattolico consente addirittura, nei vari casi, di pervenire a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle che comunemente si traggono ad uno sguardo superficiale: la cappa magna è realmente un indumento che richiama gli onori mondani, ma colui che la indossa lo fa solo per entrare in Chiesa e infine togliersela, proprio a simboleggiare la rinuncia alla gloria del mondo in favore dell'avvicinamento a Dio. Il suo messaggio è esattamente l'opposto di una mancanza di umiltà.
Si tenga infine presente che un alto ecclesiastico può essere oggetto di varie manifestazioni di rispetto non per l'uomo che è ma per la carica che ricopre.
Ai musulmani che disprezzano l'utilizzo dei metalli nobili e delle pietre preziose per recintare il sacro e per comunicarne le virtù più alte al popolo bisognerebbe chiedere perché hanno posto la pietra nera della Mecca, quella che baciano con pia devozione seguendo l'esempio del loro Profeta, all'interno di una cornice di argento. E se causa loro qualche problema il fatto che la Cupola della Roccia a Gerusalemme, uno dei principali siti sacri dell'Islam, sia interamente ricoperta d'oro.

La Cupola della Roccia a Gerusalemme


I cristiani hanno alcune norme in comune con i musulmani, ma le ignorano per convenienza

Coloro che non sono musulmani e non hanno mai parlato con dei musulmani si stupiranno, ma a volte capita di sentir dire che anche il cristianesimo prevede, su base biblica, cose come la proibizione della carne di maiale e la lapidazione degli adulteri.
Naturalmente la cosa non ha alcun senso. A parte il solito discorso sulla priorità della Chiesa rispetto alla sola Bibbia, che fa sì che la Bibbia debba essere interpretata solo alla luce del Magistero e che quindi non può mai essere per principio usata contro lo stesso, c'è da dire che nemmeno dalla sola lettura della Bibbia si possono evincere cose di questo tipo. L'antico Israele aveva molti tabù alimentari, ma il Nuovo Testamento li abbatte, perché Gesù non abolisce la legge ma la rilegge chiarificandone il senso più profondo (ricordiamo che egli stesso trasgrediva il Sabato!):

"Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!"
(Matteo 15,11)

"Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro, uccidi e mangia!». Ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano» "
(Atti 10, 9-15)

Per quanto riguarda la lapidazione, pur essendo questa prevista dall'Antico Testamento fa parte di quelle cose che la predicazione di Gesù ha abolito e che la Chiesa cristiana non ha mai contemplato in tutta la sua storia:

"Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più» "
(Giovanni 8, 1-11)

Anche i cristiani velano le loro donne

Quando li si rimprovera per l’imposizione dell’hijab o di capi di abbigliamento affini alle donne, i musulmani amano spesso giustificarsi dicendo che anche i cristiani velano le donne, facendo riferimento al velo delle suore o a passi biblici che effettivamente sembrano prescrivere una qualche copertura della capigliatura femminile.
Anche senza voler essere necessariamente critici nei confronti dell’usanza musulmana, è opportuno però chiarire che non c’è nulla di simile nel cristianesimo.
Intanto il velo cristiano è raccomandato da Paolo, il quale scriveva lettere che, essendo testi di circostanza, fanno riferimento ad un contesto per noi non sempre chiaro. Questo significa che le verità teologiche ivi espresse sono chiare, eterne e sempre valide, mentre le regole dettate alle comunità cui si riferisce possono essere variate al mutare del tempo e del luogo, e arbitra di decisioni di questo tipo è come sempre la Chiesa, non il Testo Sacro preso alla lettera e decontestualizzato. Inoltre Paolo impone il velo alle donne solo quando presenziano all’Assemblea dei Credenti, non in ogni momento della loro vita, e solo per una forma di rispetto e umiltà che è imposta parimenti all’uomo con l’imposizione, speculare ma analoga, di tenere invece il capo scoperto. Oggi la Chiesa Cattolica non impone più il velo durante le funzioni religiose, e le uniche donne che devono obbligatoriamente indossarlo sono quelle che liberamente accettano la regola di un ordine monastico che lo prevede. Si sappia comunque che oggigiorno esistono anche ordini che non lo prevedono affatto.
Nell’islam la situazione è completamente diversa: il velo è imposto ad ogni donna che abbia le mestruazioni, senza distinzioni, e non ricopre solo la testa ma praticamente tutto il corpo, anche se in alcuni paesi le donne musulmane, in evidente contrasto col Corano e con gli Hadith, sono sinceramente convinte che basti coprire, magari nemmeno completamente, i capelli.
In aggiunta a ciò bisogna ricordare che nell’islam le donne devono essere velate perche siano protette dalle offese dei maschi, ai quali non si chiede apparentemente alcun esercizio di disciplina di sé. La responsabilità non ricade sull’uomo ma tutta sulla donna. Sul reale scopo del velo islamico non ci possono essere dubbi perché al riguardo parlano chiaro tanto il Corano quanto gli Hadith:

“E di' alle credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne e non mostrino troppo le loro parti belle, eccetto quel che di fuori appare, e si coprano i seni d'un velo e non mostrino le loro parti belle ad altri che ai loro mariti o ai loro padri o ai loro suoceri o ai loro figli, o ai figli dei loro mariti, o ai loro fratelli, o ai figli dei loro fratelli, o ai figli delle loro sorelle, o alle loro donne, o alle loro schiave, o ai loro servi maschi privi di genitali, o ai fanciulli che non notano le nudità delle donne, e non battano assieme i piedi sì da mostrare le loro bellezze nascoste; volgetevi tutti a Dio, o credenti, che possiate prosperare!”
(Sura 24, 31)

“O Profeta! Di' alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli ("yudnīna ʿalayhinna min jalābībihinna"); questo sarà più atto a distinguerle dalle altre, e a che non vengano offese. Ma Dio è indulgente e clemente!”
(Sura 33, 59)

Al Bukhari, la cui opera è considerata nel mondo sunnita “Il libro più vero dopo il Corano”, rivela le circostanze che fecero discendere questi versi, e ciò che si evince è che sia stato Umar a chiedere più volte a Maometto di far coprire le sue mogli perché le vedeva di notte mentre facevano i bisogni (da capire perché non potesse, lui,distogliere lo sguardo o andarsene da un’altra parte):

“Le mogli del Profeta erano solite recarsi ad Al-Manasi – un vasto spazio aperto - per rispondere al richiamo della natura di notte. Umar era solito dire al Profeta: “Lascia che le tue mogli siano velate”, ma l’apostolo di Allah non provvedeva. Una notte Sawda bint Zamʿa, moglie del Profeta, uscì al tempo di Isha, ed era una donna alta. Umar le si rivolse e le disse “Ti ho riconosciuto, oh Sauda!”
Lo disse desiderando ardentemente che i versi sul velo fossero rivelati. Allah ha rivelato allora tali versetti”
(Sahih Bukhari Vol. 001, Libro 004, Hadith numero 148)

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