Contro i matrimoni omosessuali: un esempio di opinione legittima bollata ingiustamente come omofoba
Non solo non abbiamo bisogno di una specifica legge contro l’omofobia, ma addirittura sarebbe molto pericoloso approvare una legge del genere.
Da quale tipo di pericoli si vorrebbero tutelare le persone omosessuali con
mezzi di questo tipo? Da discriminazioni in ambito lavorativo o da
diversità di trattamento al cospetto della legge? La legge italiana e la
costituzione già offrono protezione in quest’ambito. Si vuole punire con pene
più severe chi commette aggressioni motivate da omofobia? Ma la legge riconosce
già come aggravante i futili motivi.
Allora cos’è che pretendono esattamente i movimenti LGBT? Che le persone non
possano esprimere un parere che a detta di qualcuno può ferire i sentimenti
degli omosessuali? Qua ci sono due problemi fondamentalmente:
1) Chi stabilisce, e come, se un’opinione è lesiva dei sentimenti o della
dignità degli omosessuali? E quanti omosessuali devono sentirsi offesi, e come
censirli, perché un’opinione venga perseguita?
Ci si rende conto che siamo nel campo delle sensibilità personali,
quindi della pura soggettività, e che una legge improntata a questi
ragionamenti si presta facilmente ad essere utilizzata come strumento per
far fuori avversari politici, personaggi scomodi, ecc? Ci si rende conto
che con questo ricatto si pone un freno al libero dibattito, con
tutte le ovvie spiacevoli conseguenze?
L’introduzione dei reati di opinione, oltre ad essere degna di una dittatura, frena il progresso scientifico e sociale, limita la comprensione dei fenomeni
ostacolando la ricerca di soluzioni ai problemi.
2) La società deve tutelare i cittadini sotto diversi aspetti, ma esistono, per
ognuno di noi, delle sfide ineludibili che sono connaturate alla vita stessa e
che nessuna autorità può eliminare. Una di queste è il confronto con l’altro, e
con il fatto che non si può piacere a tutti. La legge non ha il potere di
risparmiare per sempre ai cittadini questo tipo di esperienza, e se anche
l’avesse non sarebbe auspicabile, perché è attraverso queste sfide che l’essere
umano apprende a tollerare le frizioni col prossimo e a trovare in se stesso le
proprie risorse. Parliamo tanto di tolleranza, di rispetto per le differenze e
di apertura verso il prossimo, ma non ci rendiamo conto che l’apice
dell’intolleranza è proprio questa lotta senza quartiere per preservare la vita
di ognuno dall’incontro con chi la pensa diversamente. La vera tolleranza
non è in una società dove tutti si amano e la pensano allo stesso modo (la qual
cosa tra l’altro sarebbe solo un’utopia, l’apparente realizzazione di una
società di tal fatta dovrebbe in realtà preoccupare tutti, perché implicherebbe
l’esistenza di tensioni sociali invisibili ma pronte ad esplodere). La vera
tolleranza è saper convivere col vicino che non ci piace, e a cui non
piacciamo, senza usargli violenza e rispettando i suoi diritti fondamentali. Il
vero intollerante è invece proprio colui che vorrebbe zittire le voci fuori dal
coro e appiattire il pensiero di tutti su un unico modello. Vincesse lui,
produrremmo una società di zombie privi di spirito critico e debolucci,
incapaci di reggere agli urti della vita perché troppo coccolati.
In questo tipo di problemi la legge non deve mettere bocca: l’omosessuale
imparerà a convivere con chi non approva il suo stile di vita e, se vorrà, si
adopererà in prima persona, coi mezzi e coi collaboratori che riuscirà a
reperire, per smontare luoghi comuni sugli omosessuali, per sensibilizzare il
prossimo sui problemi di queste persone, ecc. Viviamo in una società dove è
socialmente accettato manifestare profondo disprezzo per i Rom o deridere e
ridicolizzare i Testimoni di Geova, e molti tra quelli che si preoccupano di
difendere gli omosessuali da offensive generalizzazioni ecc sono gli stessi che
non si fanno problemi a stigmatizzare tutti i preti cattolici come pedofili,
non c’è proprio alcun motivo per censurare, in via del tutto eccezionale, le
idee che non piacciono ad una parte della comunità omosessuale.
Si tenga presente anche una questione di principio sottile ma importante: se il
metro per accogliere o censurare l’espressione di un’idea è il piacere o il
dispiacere che arreca a qualcuno, siamo messi malissimo! Infatti vero/falso
e bene/male non sono dicotomie che corrispondono a piacere/dispiacere (che sono
comunque soggettivi). Una cosa può essere vera e arrecare dispiacere, mentre
una menzogna può essere molto gradevole. Per quanto riguarda il bene, poi, non
è sempre facile compierlo, e lo riconosciamo come bene proprio perché sappiamo
che va fatto anche se non ci va. Per quanto riguarda il male, lo sanno tutti
che può essere seducente, che si può aver voglia di fare una cosa pur
sapendo che in realtà è sbagliata.
Stando così le cose, non deve esistere un argomento all’interno del quale
l’espressione delle idee deve limitarsi a quelle che sono di gradimento a
qualcuno, perché è pericolosissimo vivere in un’illusione, e deleterio
assecondare i capricci di qualcuno evitandogli ogni minima disciplina.
Con “omofobia” si intende un atteggiamento di ostilità verso gli omosessuali,
ma già in molti casi sono state etichettate come omofobe delle posizioni che
non erano dettate da avversione verso gli omosessuali e che agli omosessuali
non toglievano veramente nulla che fosse ragionevolmente nei loro diritti.
Questo ci avverte chiaramente di quanto potrebbe rivelarsi pericolosa la
persecuzione a norma di legge di questa idea astratta e vaga che è l’omofobia.
Un esempio di posizione etichettata facilmente come omofoba è quella contro i
matrimoni gay: i sostenitori dei matrimoni gay liquidano ben volentieri gli
avversari politici come omofobi, in modo da squalificarli come interlocutori
senza dover scendere nel campo delle argomentazioni e, se possibile, in modo da
ottenere dalle autorità una loro censura, eppure un’analisi obiettiva di
queste posizioni rivela che molto spesso gli argomenti a loro favore sono
ragionevoli e dettati da ottime intenzioni. In particolare non è vero, come vogliono
i militanti LGBT, che gli argomenti contro i matrimoni omosessuali hanno
necessariamente base religiosa, né che a sostenerli ci siano solo persone che
hanno in odio i gay.
Nel seguito mostreremo come gli argomenti contro i matrimoni omosessuali
siano del tutto laici e come in realtà si basino sul desiderio di salvaguardare
la giustizia sociale e tutelare i più deboli.
Il discorso è molto semplice, ma richiede qualche premessa.
Lo stato riconosce e tutela il matrimonio e la famiglia non perché deve celebrare
l'amore tra le persone, in quanto questo: 1) Di per sé non ha bisogno di tutele
2) Di suo è un fatto privato (e fa ridere che la gente ritenga in qualche modo
significativo che un sindaco metta una firma, come se l'amore dovesse farsi
legittimare dalla burocrazia) 3) L'amore di per sé non ha alcun rilievo per il
funzionamento dello stato e il benessere della società. Ciò che le istituzioni
cercano di garantire attraverso questi riconoscimenti e queste tutele è il ricambio
generazionale. Lo si evince leggendo la costituzione, ma è in realtà anche
ovvio, in quanto la denatalità è un pericolo gravissimo per uno stato e per una
società. Se non si fanno abbastanza bambini l'età media si alza, si diventa
un paese di vecchi e alla fine si avrà una gran massa di anziani a cui bisogna
erogare una pensione e varie forme di assistenza, in particolare quella
sanitaria, che sono sempre più difficili da garantire in assenza di giovani abili al
lavoro e produttivi. Non a caso nei paesi occidentali si fanno via via
sempre più strada idee come la riduzione delle cure per gli over 70,
l'eutanasia e altre misure per ridurre i costi della sanità e dell'assistenza.
In alternativa qualcuno conta sull'immigrazione di giovani da altri paesi, ma
questa è un'altra storia. Il punto è che le persone devono essere
incoraggiate, anche se non obbligate, a fare figli, e sostenute nell'allevarli,
da qui tutta una serie di garanzie e tutele per coppie e famiglie. Ora, i
benefici di cui godono due sposi sono fondamentalmente di due tipi: alcuni non
sono strettamente legati alla genitorialità ma sono piuttosto misure improntate
ai minimi sentimenti di umanità senza i quali si creerebbero tensioni sociali
tali da disgregare la società stessa, altri sono stati introdotti invece per
incoraggiare gli sposi ad avere figli. Al primo tipo di tutele appartengono
questioni come le seguenti: 1) Un coniuge dev'essere considerato il parente più
stretto di un paziente in ambito ospedaliero, sia per la ricezione delle
informazioni che lo riguardano che per l'effettuazione di scelte in vece sua.
2) Una persona deve poter lasciare agevolmente, con tutte le facilitazioni del
caso, tutti i suoi averi al proprio coniuge. Al secondo tipo appartengono
invece cose come la pensione di reversibilità, che fu introdotta per
tutelare le vedove in un'epoca in cui la maggior parte delle donne sposate non
aveva lavorato e versato i contributi perché si era dedicata ai figli e alla
casa. Questa è una tutela che ha senso solo in vista dei figli, infatti non ha
senso che una persona possa, dopo morta, far campare di una rendita esagerata
un'altra che non ha contribuito in modo proporzionato al benessere della
collettività (si tenga sempre a mente che tali soldi vengono dalle tasche dei contribuenti).
La persona in questione avrebbe potuto e dovuto lavorare e versare i contributi
come tutti, perché fosse giusto farle avere la stessa pensione di un
contribuente (non si stanno prendendo in considerazione naturalmente le più modeste pensioni sociali e qualsiasi
altro aiuto economico che si deve ad ogni persona bisognosa in nome della
dignità umana). Una donna che decide di non lavorare per avere maggior agio nel
fare e crescere la prole è in una situazione diversa, in quanto tutti noi
abbiamo bisogno di nuove nascite, per i motivi sopra detti. Ora, viene
spontanea l'obiezione: ma allora alle coppie che non possono o non vogliono
avere bambini perché si danno le stesse tutele? Perché in generale quelle
coppie potrebbero cambiare idea o riuscire a raggiungere una condizione tale da
superare gli ostacoli che si frapponevano tra loro e i figli. Perché questo
avvenga più facilmente niente di meglio che elargire a prescindere i benefici e
le garanzie che spettano ai genitori. Il ragionamento non è “elargisco
queste cose ai genitori perché danno figli al paese”, ma “elargisco queste cose
alle coppie nella speranza di convincerle a diventare genitrici”. Ecco
perché ha senso che tutte le coppie possano attingervi, a prescindere da cosa
decideranno di fare poi in merito alla questione figli. Si potranno senz'altro
trovare dei singoli casi eccezionali in cui è sicuro che questa eventualità
“figli” non si verificherà mai, ma data l'esiguità dei casi e le difficoltà che
in generale ne ostacoleranno il riconoscimento, non vale la pena dannarsi
l'anima per l'eventualità che in qualche caso sporadico qualcuno possa avere
ingiustamente ciò che non gli spetta. Anche perché alternative non ce ne sono.
Non è il massimo nemmeno ridurre o eliminare le garanzie in vecchiaia o alla
morte di uno dei due coniugi nel caso i figli non siano venuti, intanto per una
questione di giustizia, visto che la coppia potrebbe essersi sforzata
sinceramente di averne senza riuscirci per i più disparati motivi, e poi perché
se si ammettesse una situazione di questo tipo verrebbe meno il fattore
garanzia che si voleva difendere per convincere i coniugi a divenire genitori.
Se questi sono consapevoli del fatto che dopo aver organizzato le loro vite,
anche con sacrifici, in funzione della procreazione, poi rischieranno di non
ricevere tutele utili a compensare ciò che si sono tolti, in termini di
benessere ma anche di assicurazione per il futuro, nel caso che i figli non
siano venuti, saranno meno incoraggiati a farne. Chiaramente quando parlo di
avere figli mi sto riferendo anche alla possibilità di adottarne, ecco perché è
giusto tutelare anche le coppie sterili.
Chiaro, oggi le condizioni sociali permettono sempre meno ad uno dei due
genitori di restare a casa a badare solo ai figli, ma essendo un modello che
funziona molto bene è buona cosa conservare la pensione di reversibilità
nell’eventualità che la coppia riesca ad organizzarsi secondo questo modello. A
scanso di equivoci, il genitore che resta a casa non dev’essere necessariamente
la donna, e il modello con entrambi i genitori lavoratori è comunque
accettabile.
Un’altra premessa: un omosessuale deve avere il diritto di
far considerare in contesti ospedalieri il proprio partner come tale, e deve
avere la libertà di lasciargli in eredità ciò che vuole con la stessa facilità
con cui un marito può farlo con la propria moglie. Queste, tornando alla
classificazione fatta poc’anzi, sono tutele del primo tipo, quelle non legate
strettamente alla possibilità di avere figli. Ora, le nostre unioni civili
mettono una toppa su una lacuna legislativa che in effetti andava colmata, ma
lo fanno in modo iniquo. Infatti ogni persona, etero o gay, dovrebbe poter
scegliere di dare certe particolari facoltà a chi vuole, non solo al partner.
Non è stato giusto farne una battaglia LGBT, perché non è un problema che
riguardava solo i gay, infatti chiunque potrebbe decidere di far
considerare in ospedale come parente stretto un caro amico, e chiunque dovrebbe
poter lasciare in eredità le proprie sostanze a chi vuole, non solo ad un
parente o a un partner. Ora i gay hanno risolto questi problemi, ma tanta altra
gente no, perché? Per quanto riguarda il secondo tipo di tutele, non è giusto
che gli omosessuali possano accedervi, e questo semplicemente perché non
possono aver figli e non è giusto che ne adottino o che se li producano tramite
tecniche di fecondazione artificiale. Su questo punto torneremo tra breve,
prima una precisazione su quelle coppie gay in cui uno dei due partner ha avuto
un figlio in modo naturale, da un rapporto eterosessuale occasionale o da una
precedente relazione etero. Se il bambino è stato concepito in questo modo,
vuol dire che ha entrambi i genitori biologici, dunque non ha senso che il
partner del suo genitore gay lo adotti. Da qualche parte c'è una madre (un padre) che, pur
non avendo più un rapporto di coppia col padre (con la madre), ha il dovere di prendersi cura
del bambino. In assenza dell'altro genitore, che può essere morto o
irreperibile per i più disparati motivi, il bambino sarà figlio di un genitore
solo, indipendentemente dal fatto irrilevante che questo abbia intanto
instaurato una relazione con qualcun altro, e questa è la situazione normale e
diffusissima di tantissimi figli in tutto il paese, non solo di quelli che
hanno un genitore gay.
Lo stato, nei limiti del possibile, deve garantire lo sviluppo sano di questi
ragazzi indipendentemente dai rapporti esistenti tra i loro genitori, e queste
misure, riguardando i bambini, non hanno nulla a che fare con le relazioni che
i loro genitori instaurano dopo con altre persone. Quando una madre inizia una
relazione con un altro uomo, il figlio avuto in precedenza di norma non viene
adottato dal nuovo compagno della madre, e questo non solo non ha portato in
piazza a manifestare nessuno, ma nemmeno i diretti interessati hanno sentito la
necessità di leggi in tale ambito. Solo con l'emergere della questione delle
coppie gay magicamente si è sentita la necessità di far adottare al partner del
genitore il bambino. La stepchild adoption è stata chiaramente uno specchietto
per le allodole, serviva ad agevolare in realtà le pratiche di utero in
affitto, illegali in Italia ma non all'estero: grazie alla stepchild
adoption una coppia gay può avere un bambino all'estero tramite l'utero in
affitto e poi tornare in Italia riconoscendolo come figlio. Il problema è che
le tecniche di fecondazione assistita di vario tipo sono tutte sbagliate
intanto perché in molti casi prevedono la produzione di embrioni che poi non
vengono impiantati. L'embrione però è un essere umano che va tutelato, come
dimostreremo un’altra volta. In secondo luogo si crea a tavolino una situazione
in cui un bambino dovrà crescere senza la sua madre biologica, cosa non priva
di effetti negativi sullo sviluppo dei ragazzi. Ovvio che situazioni analoghe
e anche peggiori si creano di continuo spontaneamente, e alla fine la vita
trova sempre il modo di andare avanti, ma realizzarle scientemente è colpevole.
In tutto ciò non dimentichiamo che dietro pratiche come l'utero in affitto
si celano quasi sempre fenomeni di mercificazione dei corpi di donne bisognose,
ai quali tra l'altro il trattamento ormonale preliminare non fa affatto bene a
livello di salute.
Ultima cosa prima di venire alla questione più scottante: le
unioni civili valgono anche per le coppie etero, ma per loro queste sono un
doppione, perché potrebbero accedere alle stesse tutele semplicemente
sposandosi, quindi anche dal punto di vista dell'economia e della chiarezza
giuridica questa opzione è un disastro. E ora le adozioni! Le coppie omosessuali
non dovrebbero poter adottare per un principio cautelativo a tutela dei
bambini: la letteratura medica è piena di studi che, contrariamente a quanto
diffuso in alcuni circoli femministi o LGBT, suggeriscono fortemente che in
generale maschio e femmina hanno caratteristiche psicofisiche molto diverse, e
che in molti casi le peculiarità di ognuno sono in relazione con l'allevamento
della prole. Un esempio su tutti: le maggiori capacità empatiche e comunicative
delle donne sembrano essersi evolute proprio per permetter loro di interpretare
al meglio i bisogni del bambino che non sa ancora parlare. Inoltre è provato
che la stessa esperienza della gravidanza produce dei cambiamenti ormonali e
neurochimici nelle donne che servono a predisporle alle cure parentali.
Stando così le cose pare lecito e ragionevole immaginare che la
complementarità maschio-femmina riduca il rischio di far mancare qualcosa al
bambino durante lo sviluppo. Quando ci si oppone all'omogenitorialità non
lo si fa perché si pensa che i gay siano persone malvagie, incapaci di essere
buoni genitori. Un maschio omosessuale avrà anche le stesse probabilità di un
uomo eterosessuale di diventare un ottimo padre. Non ha però, come un maschio
eterosessuale del resto, le stesse probabilità di una donna di diventare
un'ottima madre, ecco tutto. Poi chiaramente l'essere umano è plastico, quindi
i singoli casi possono funzionare meglio del previsto, e d'altronde, come già detto,
esistono situazioni familiari molto più disfunzionali, tuttavia quando si
cerca di trovare a tavolino dei genitori ad un orfano si deve cercare di
trovare il contesto di inserimento ottimale.
Ovvio che si può sbagliare, e che nessuno può mai sapere davvero come andranno
le cose, ma intanto le situazioni statisticamente più sfavorevoli vanno
evitate. Per quanto riguarda le famiglie disfunzionali di ogni tipo che già
esistono, perché sorte spontaneamente, a parte casi eccezionali di particolare
e provato pericolo per il bambino, è ovvio che è troppo tardi per intervenire
per 2 motivi: 1) In genere si è già creato un legame affettivo tra bambino e
genitori e fratelli, quindi sottrarlo al suo nucleo familiare sarebbe un trauma
peggiore di tanti altri problemi 2) Non è affatto facile stabilire quando una
famiglia già esistente è troppo disfunzionale per crescere un bambino, e per
evitare senso di precarietà foriero di tensioni sociali è meglio lasciar stare
nella maggior parte dei casi. Tanto più che la famiglia è la prima comunità
umana in cui si viene ad essere e la costituzione la difende particolarmente
dalle ingerenze di uno stato che nell'epoca dei totalitarismi ha sottratto i
figli ai genitori per farne ciò che voleva. Se lo stato potesse scavalcare i genitori
su alcune questioni fondamentali avremmo un ulteriore fattore di scoraggiamento
per le coppie desiderose di aver figli, e abbiamo già spiegato invece qual è
l'importanza per tutti noi di una natalità sufficientemente elevata.
Chiaramente l'obiezione “Meglio darli ai gay che lasciarli all'orfanatrofio”
non ha senso perché è strapieno di coppie etero che possono adottare (e se
l’iter rende l’adozione difficile la soluzione sta nel semplificare l’iter), e
in genere i ragazzi in attesa non stanno in fredde camerate con le suore che li
picchiano come immaginano molti, ma in case-famiglia.
A questo punto in genere si viene interrotti da un
interlocutore che fa notare che esisterebbero numerosi studi che dimostrano che
l’omogenitorialità è priva di conseguenze negative per i ragazzi.
Questi studi vengono sempre citati, ma in quanti li hanno letti? In realtà
sono tutti scientificamente deboli e abbastanza inutili. I campioni statistici
non sono significativi perché troppo esigui e quasi sempre di comodo (spesso le
famiglie sono state selezionate all'interno di gruppi di militanza LGBT, cosa
che falsa di molto le risposte fornite), gli studi interessano quasi solo le
prime fasi dello sviluppo non dando dunque indicazioni sugli effetti a lungo
termine dell'omogenitorialità, quasi sempre lo studio si limita ad
un'intervista ai genitori che ovviamente non sono imparziali e spesso manca il
cosiddetto gruppo di controllo. E questi sono solo i limiti più frequenti,
ce ne sarebbero anche altri. Gli studi con i campioni statistici più
significativi, almeno da un punto di vista numerico, sono quasi tutti a sfavore
dell'omogenitorialità, anche se pure questi non sono accettabili per limiti di
altro tipo. Il motivo per cui gli studi a favore sono di più di quelli contro è
che naturalmente è la comunità omosessuale che deve emergere ed acquisire
diritti ribaltando uno status quo, quindi è là che si sente maggiormente la
necessità di fare studi per dimostrare qualcosa. Non si creda che gli studiosi,
sia da una parte che dall'altra, non abbiano mire politiche: così come gli
studi “contro” sono finanziati spesso da gruppi religiosi, gli studi “pro” sono
sempre condotti da militanti per i diritti dei gay: gli autori più prolifici
tra quelli a favore dell'omogenitorialità sono tre donne lesbiche militanti (a
proposito, la maggior parte degli studi riguarda le coppie lesbiche, quindi non
sarebbero comunque rappresentativi delle coppie gay in generale).
Una di queste, Charlotte Patterson, è stata anche condannata per aver
falsificato dei dati e si è rifiutata di fornire alla corte il materiale su cui
aveva lavorato. La verità è che, per la natura del fenomeno, oggigiorno è
impossibile condurre uno studio serio sulla questione, e nessuno degli
studi prodotti, di un segno o dell'altro, gode dei criteri minimi di
accettabilità scientifica.
Dunque nel frattempo non è opportuno dare in adozione i bambini alle coppie
gay, e questo significa, per quanto detto sopra, che non c’è il minimo motivo
per riconoscer loro il diritto di sposarsi.
Del resto, anche prima di ogni tentativo di raccogliere dati empirici si deve
riconoscere che l’idea che una coppia di genitori di sesso diverso sia meglio
attrezzata per allevare una prole è di gran lunga la più ragionevole per una
questione meramente logica: anche volendo considerare solo i mammiferi, la
polarità maschio-femmina, la sessualità e l’allevamento della prole hanno
subito più di 200 milioni di anni di evoluzione, e se vogliamo dar credito al
fatto che le nuove forme fisiologiche, etologiche, ecc comparse di volta in
volta siano state costantemente passate al setaccio della pressione ambientale,
se si considera cioè rilevante il ruolo della selezione naturale, è logico
pensare che molto probabilmente il sistema di organizzazione dei nuclei familiari
nelle varie specie sia stato via via finemente ottimizzato in base ai vincoli strutturali
presenti. Ne consegue che se nell’Homo Sapiens la gravidanza avviene nell’utero
della madre e dura nove mesi, e se il bambino che ne emerge deve essere
allattato per parecchi mesi prima di potersi nutrire d’altro, e che per diversi
anni lo stesso bambino è anche del tutto non autosufficiente, allora molto
probabilmente, dopo una storia evolutiva così lunga, la femmina umana ha
acquisito capacità speciali nel campo dell’allevamento della prole. D’altro
canto, date le limitazioni che la gravidanza e l’allattamento impongono alla
donna, è parimenti perfettamente ragionevole pensare che lo stesso rapporto
uomo-donna si sia strutturato in modo che l’uomo provvedesse a quei bisogni a
cui la donna non poteva provvedere e che risultano essenziali per la
prosecuzione della specie. Contemporaneamente non possiamo escludere che gli
stessi bambini abbiano in pratica “imparato”, in tutto questo tempo, a stare in
questo contesto bipolare, al di fuori del quale potrebbero risultare non
adeguatamente attrezzati. Stando così le cose, differenze significative tra
maschio e femmina dobbiamo aspettarcele, con tutto ciò che ne consegue, e
chi postula che in realtà siano più che altro un prodotto culturale al quale si
può rinunciare facilmente senza pagarne conseguenze sta dicendo una cosa inverosimile, indimostrata e potenzialmente pericolosa.
Anche se può sembrare curioso, può essere impiegato contro le adozioni da parte
di gay anche un tema molto caro agli attivisti LGBT, quello della società
permeata di pregiudizio omofobo: se è vero, come spesso si dice, che gli
omosessuali sono ancora largamente oggetto di violenze, discriminazioni e
umiliazioni, automaticamente non rappresentano i candidati ideali a cui
affidare un bambino, perché nello scegliere una famiglia per un bambino
naturalmente si cerca di ricreare, nei limiti del possibile, il contesto che
con più probabilità garantisce serenità al piccolo. Non è questo il caso di un
ambiente in cui il bambino rischia di subire, direttamente o indirettamente,
uno stigma sociale. Qualcuno certamente obietterà che per questo problema non
si possono certo incolpare gli omosessuali ma solo la società omofoba, ma in
questo modo non si coglie assolutamente il punto: qui non si tratta di
trovare i colpevoli o stabilire cosa è giusto e cosa non lo è, ma solo di fare
il massimo per aiutare i bambini a crescere sereni, tenendo conto di come
il mondo è anziché di come vorremmo che fosse. In un mondo giusto e perfetto
dovrebbe essere possibile, per un uomo, girare in qualsiasi luogo pubblico con
abbigliamento e accessori costosi senza il timore di subire una rapina, ma
all’atto pratico ci sono luoghi e contesti in cui è sconsigliato farlo perché ad altri
uomini importa poco cosa è giusto o cosa è sbagliato. Qualcuno potrebbe dire
che il fatto che i gay non possano adottare per colpa degli omofobi è
un’ingiustizia, ma da una parte starebbe insistendo su un fantomatico diritto
all’adozione che invece non deve esistere (l’unico diritto è quello del bambino
ad avere una famiglia, i bambini non sono oggetti), e dall’altro starebbero
affermando un qualcosa che non sposta in alcun modo i termini del problema: se
per il bambino è un fattore di rischio non trascurabile essere allevato da
genitori omosessuali, non importa di chi sia la colpa, non lo si espone a
tavolino a tale contesto solo per una questione di principio. Nemmeno se
questo potesse ragionevolmente servire, e sarebbe comunque tutto da dimostrare,
a normalizzare l’omosessualità riducendo il pregiudizio omofobo, perché i
bambini non sono le nostre cavie da laboratorio, la carne da cannone che
mandiamo in prima linea a morire per far vincere a noi battaglie che non li
riguardano, le vittime sacrificali dei capricci altrui.
Riepilogando, abbiamo visto che si può essere contrari ai
matrimoni gay senza essere mossi da odio verso gli omosessuali, senza
togliere loro diritti (ricordiamo che non esiste un diritto ad avere figli,
nemmeno per le coppie etero, ma solo il diritto dei bambini ad avere una
famiglia!), e con l’intenzione di perseguire il bene per la società e per i
bambini. Eppure questa è la classica posizione che viene indicata praticamente
sempre come omofoba.
E come questa ce ne sono altre che, pur essendo anch’esse ragionevoli e mosse
da buone intenzioni, vengono stigmatizzate parimenti come omofobia:
-
Avversione verso le associazioni LGBT (ma non
verso gli omosessuali!), perché si considerano illegittime alcune delle loro
pretese o scorretti alcuni dei loro metodi di lotta. E magari anche perché si
ritiene che danneggino gli omosessuali anziché aiutarli!
-
Antipatia personale per la sovraesposizione
mediatica del mondo gay, assolutamente sproporzionata rispetto alla reale
rappresentanza omosessuale nella popolazione
-
Diffidenza verso quei progetti che mirano ad
informare i bambini sulle tematiche LGBT, per il timore di un’esposizione
prematura ai temi della sessualità (a prescindere dal fatto che sia una
sessualità omo o etero)
-
Rigore intellettuale che impedisce di accettare
che si faccia passare per normale una cosa che nonostante tutto resta ancora
minoritaria (senza che si faccia necessariamente l’equazione normale = giusto,
anormale = sbagliato)
-
Desiderio di informare delle problematiche mediche
legate ai rapporti sessuali tra due uomini
-
Desiderio di studiare scientificamente, senza
condizionamenti, l’eziologia dell’omosessualità
-
Convinzione religiosa che la sodomia sia un
peccato e che sia doveroso non nasconderlo a chi si accosta al credo (cosa che
non implica necessariamente odio o disprezzo verso chi la pratica e che di per
sé non ha il potere di vincolare gli altri ad adeguarsi al dogma di fede)
-
Bisogno, nella ricerca, di raccogliere,
discutere e comunicare liberamente dati sull’omosessualità a prescindere da
quanto possano piacere o dispiacere alla comunità omosessuale: i ricercatori
devono sentirsi liberi di fare il proprio lavoro senza sentirsi i fucili
puntati addosso
A questi discorsi ne vanno aggiunti altri che, pur riguardando
il fenomeno della transessualità, che inerisce più alla questione dell’identità
di genere che a quella dell’orientamento sessuale, sono considerati spesso
parimenti omofobi. Un esempio su tutti: la transizione di genere richiede
interventi chirurgici ed alterazioni ormonali che non sono uno scherzo, e
inoltre rappresentano un problematico caso di distonia mente-corpo che viene
risolta alterando il corpo (non si fa la stessa cosa quando un paziente
denuncia di volersi separare da un arto!), eppure si bolla come omofobo chi
vorrebbe ridiscutere questa opzione medica o chi ritiene che sia sbagliato e
pericoloso parlare ai bambini delle scuole di questa realtà come se fosse
normale e priva di criticità (anche alla luce del fatto che nei paesi dove questa
operazione di normalizzazione è stata avviata sono aumentati i casi di presunti
bambini non in sintonia col proprio genere ai quali viene poi bloccato
ormonalmente l’insorgere della pubertà con pratiche non prive di rischi seri
per la salute, nella totale trascuratezza del fatto che i rari casi di distonia
di genere tra i ragazzini nella stragrande maggioranza dei casi regrediscono da
soli con la maturazione dell’individuo).
Tante cazzate tutte insieme non le avevo mai lette
RispondiEliminaNon dai l'idea di essere una persona che legge molto
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